lunedì 31 ottobre 2011

21 ottobre 1964

Le studentesse del Nursing Higher College di Khartoum aprono la processione funeraria di uno dei "martiri" dell'October Revolution, la mattina del 22 ottobre 1964, a Khartoum (dal sito http://gmsudan.com)

47 anni (e dieci giorni) fa il Sudan ha vissuto la sua prima rivoluzione. Non violenta, anche se qualche morto per le strade di Khartoum c'è stato, negli scontri tra i giovani universitari e le forze di sicurezza. Voluta dalla società civile, a partire dagli studenti, i sindacati, gli ordini professionali. E poi cavalcata dalle forze politiche che nei sei anni del regime militare di Ibrahim Abboud erano rimasti fuorilegge:
dai Fratelli Musulmani sudanesi, fondati e guidati alla conquista delle associazioni universitarie da Hassan al-Turabi, al Partito comunista sudanese, avversario degli islamisti nei campus studenteschi e non solo, passando per i partiti cosiddetti "tradizionali", ovvero quelli che avevano guidato il paese all'indipendenza nel 1956 e, due anni dopo, alla presa del potere dell'esercito.
La rivoluzione dei Fronti (le varie anime che l'avevano realizzata si erano riunite in Fronti distinti - quello dei partiti politici, quello dei professionisti e quello dei sudsudanesi) ebbe vita breve: alle elezioni successive, che ebbero luogo tra fine aprile e inizio maggio 1965, i partiti settari tradizionali riacquistarono il controllo della vita politica del paese, fino al colpo di stato successivo, nel maggio 1969. Quei pochi mesi di governo transitorio costituirono la prima e per lungo tempo l'unica occasione di risoluzione del problema sudsudanese che, evidente già da quasi dieci anni, dal settembre 1963 era sfociato in una vera e propria guerra. Le parole del primo ministro Sir al-Khatim al-Khalifa, secondo cui quello del Sud era un problema eminentemente politico e non di sicurezza, avevano permesso al Southern Front di decidere di partecipare all'esecutivo con due ministri, tra cui il ministro degli interni (per la prima e unica volta un meridionale), Clement Mboro. Nel marzo 1965 partiti settentrionali e movimenti e partiti meridionali si erano riuniti a Khartoum in una "Conferenza della tavola rotonda" che non portò a risultati immediati ma che, come il Southern Front e il SANU, il partito dei sudsudanesi in esilio, continuarono a ribadire nei loro documenti interni, era stata comunque un grande passo in avanti e aveva avviato un confronto e un dialogo che sarebbe dovuto continuare nei mesi successivi.
Invece con le elezioni la rivoluzione si arrestò. Il multipartitismo fu mantenuto e non si tornò certo alle limitazioni delle libertà civili che c'erano state durante il regime militare. Ma il nuovo governo guidato dal partito Umma scelse di tornare alla maniere forti nel Sud, ricominciando a trattare la regione come un problema di sicurezza. I ministri del Southern Front, dopo qualche mese, diedero le dimissioni. E la guerra divampò come e più di prima. Le elezioni, condotte nel solo Nord, avevano portato in parlamento per la prima volta deputati espressioni delle altre regioni periferiche settentrionali - il Beja Congress, la Nuba Union e il Darfur Front - come anche parlamentari comunisti e gli islamisti riuniti nell'Islamic Charter Front. Ma i partiti tradizionali - l'Umma mahdista e il partito nazionale unionista (Nup) - avevano da soli più del 60% dei seggi: la "vecchia" politica riprese il sopravvento, con le sue coalizioni fragili, le rivalità tra personalità eminenti anche all'interno dello stesso partito, politiche economiche disastrose e un conflitto nel Sud che aveva ripreso vigore.

Perché ricordare tutto questo oggi? 
La prima risposta, facile, è perché è quello su cui sto lavorando in questi mesi qui a Durham. La seconda, meno scontata, va ricercata nei tweets che nei giorni scorsi molti sudanesi hanno cinguettato in rete. Sono stati tanti a ricordare l'anniversario della rivoluzione. E a fare paralleli - mutatis mutandis, naturalmente - con le situazioni in Tunisia e, soprattutto, nel vicino Egitto.
Già a gennaio e febbraio, nel pieno della Primavera Araba, il cui vento ha raggiunto molto debolmente Khartoum, molti sudanesi avevano rispolverato la memoria dell'October Revolution del 1964 e di quella dell'aprile 1985 che, per la seconda volta nella storia del Sudan indipendente, ha abbattuto pacificamente e senza spargimento di sangue un regime militare. Peraltro lasciando il potere a un governo di transizione controllato dalle alte sfere dell'esercito. Corsi e ricorsi storici, sembrano avvertire i tweets sudanesi.
Intanto, mentre le piazze del Cairo continuano a essere in agitazione - oggi c'è stata un'altra manifestazione, questa volta per chiedere la liberazione degli attivisti Alaa Abd al-Fattah e Bahaa Saber, in carcere da ieri - anche in Sudan si susseguono proteste. Di piccole dimensioni, facilmente messe a tacere dalle forze di sicurezza. Ma ci sono, in diverse città del paese, mentre la crisi economica innescata dalla secessione del Sud Sudan non accenna ad arretrare e le crisi politico-umanitario-militari nemmeno. 

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