sabato 15 settembre 2012

Proteste nel mondo musulmano, quanto conta l'elemento socio-economico?

Dopo giorni di proteste in diverse capitali del mondo arabo e musulmano contro l'ignobile video "L'innocenza dei musulmani" rompo il mio lungo silenzio sul blog per condividere alcune riflessioni e domande che da tempo mi girano per la testa e che i fatti degli ultimi giorni hanno solo confermato.
I temi sono tanti e quindi cercherò di essere più schematica possibile.

Innanzitutto, il solito mal di stomaco (per usare un eufemismo) che mi provoca leggere i giornali o ascoltare i telegiornali nostrani. Ne avevo parlato tempo fa a proposito dei titoli su alcuni attacchi a comunità cristiane in Nigeria e Kenia, avvenuti in contemporanea solo casualmente. Lo stesso tipo di ragionamento vale ora, per i titoli di questi giorni sulla "furia islamica". Non voglio dilungarmi, preferisco rimandare al post di oggi di Paola Caridi, sul suo blog Invisible Arabs, che condivido fin nelle virgole.

lunedì 9 luglio 2012

Happy birthday, South Sudan!

Celebrazioni per l'indipendenza, Juba, 9 luglio 2011 (foto J. Vieira)
E' passato un anno. Un anno dai caroselli di macchine nella notte di Juba, dalle celebrazioni per la proclamazione dell'indipendenza alla presenza della comunità internazionale e dei rappresentanti di tutte le forze politiche sudanesi, a iniziare dallo Ncp e dal presidente Bashir, dalla festa liberatoria e orgogliosa di un popolo felice di aver finalmente raggiunto l'obiettivo che ha orientato la lotta durata decenni.

Non è stato un anno facile, per niente. In parte c'era da aspettarselo, tutti sapevano che l'ultimo arrivato della comunità internazionale nasceva con standard di sviluppo bassissimi, sfide umanitarie, economiche e sociali da far tremare i polsi e una serie di questioni ancora aperte con il Sudan.

mercoledì 27 giugno 2012

#SudanRevolts, un primo bilancio

Siamo al dodicesimo giorno di proteste in Sudan. Dodici giorni di fila, senza sosta, anche se i numeri di persone scese per le strade nel cuore del paese rappresentato dalle "Tre Città" di Khartoum, Omdurman e Khartoum Nord (Bahri), ma anche a Port Sudan, El Obeid, Medani e Gedaref, non sono stati sempre costanti. Nel mio precedente post, scritto in viaggio dall'iPhone per dare la notizia del fermo della corrispondente di Bloomberg, l'egiziana Salma al-Wardani, e della giornalista, blogger e attivista sudanese Maha al-Sanusi, avevo detto che #SudanRevolts era al quarto giorno. Ma non avevo spiegato come e quando era iniziato: il 16 giugno le studentesse dell'università di Khartoum sono scese per le strade in una protesta un po' improvvisata contro le misure di austerità - in particolare la cancellazione dei prezzi calmierati per zucchero e carburanti - decise dal governo per salvare dalla bancarotta l'economia sudanese, messa in ginocchio dalla perdita delle risorse petrolifere rimaste all'interno dei confini del Sud Sudan, dall'interruzione della produzione petrolifera del paese ex fratello e dalle spese, ingenti, per mantenere in piedi un'amministrazione barocca, un sistema clientelare molto ramificato e le guerre in Darfur, Kordofan meridionale e Nilo Azzurro.

giovedì 21 giugno 2012

#SudanRevolts, giornaliste arrestate

È stato Twitter a dare la notizia: la giornalista, attivista e blogger Maha al-Sanoussi, @MimzicalMimz, è stata arrestata stamattina davanti all'università di Khartoum. Assieme a lei, la corrispondente di Bloomberg in Sudan, l'egiziana Salma al-Wardani. L'ultimo tweet di Maha è quello che annunciava di essere stata fermata dai servizi segreti di Khartoum, il NISS. Da allora nessun'altra notizia. I tweeps sudanesi si stanno mobilitando. E lo stesso stanno facendo gli egiziani, sia perché già da ieri hanno iniziato a twittare #SudanRevolts, sia per capire quali saranno le sorti della giornalista di Bloomberg. Al quarto giorno di manifestazioni studentesche a Khartoum e in altre città,forse le notizie sudanesi riusciranno ad arrivare ai media internazionali.

lunedì 18 giugno 2012

Scontri di religione in Nigeria?

Per l'ennesima domenica consecutiva, Boko Haram ha preso di mira chiese cristiane in diverse città della Nigeria. L'approccio dei media italiani è quello di cui ho già parlato, anche se ieri qualche nuova sfumatura nei servizi di qualche tg l'ho sentita. Ma l'articolo che ho apprezzato di più, e che vi consiglio, è quello scritto oggi su Panorama.it da Anna Mazzone: un'intervista al vescovo cattolico nigeriano Matthew Man-Oso Ndagoso, che dice senza mezzi termini che non di guerra di religione si tratta.
Sempre oggi, l'ISPI ha pubblicato un suo dossier sul fattore religioso in Africa, per il quale ho riadattato il post sui media italiani di qualche settimana fa. Gli spunti interessanti per una riflessione più seria e meno "di pancia" non mancano di certo. 

mercoledì 30 maggio 2012

Taylor condannato: che significa per l'Africa?

Charles Taylor, ex leader ribelle ed ex presidente della Liberia, è stato condannato a 50 anni di carcere. Una pena lunghissima, che equivale di fatto a un ergastolo (Taylor ha 64 anni) e che i giudici del Tribunale speciale per la Sierra Leone hanno deciso essere la più giusta per un ex capo di stato ritenuto colpevole di correità nei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dai ribelli del RUF durante la guerra civile in Sierra Leone, negli anni Novanta.

Già a fine aprile, quando i giudici dell'Aja l'avevano giudicato colpevole, molti commentatori e i gruppi per la tutela dei diritti umani avevano salutato la decisione come precedente di portata storica, perché la condanna di Taylor avrebbe avuto il senso di un messaggio ad altri dittatori e perpetratori di crimini contro l'umanità: per quanto potenti possiate essere, prima o poi potrete dover rispondere dei crimini che avete commesso.

E' veramente così? A mio parere, sì. Ma potrebbe non essere solo ed esclusivamente un bene, almeno nell'immediatezza di una guerra civile e della necessità di porvi fine.

venerdì 18 maggio 2012

Piogge ed emergenze umanitarie


Le piogge sono in arrivo, in alcune zone sono già cominciate. E per i prossimi sei mesi trasformeranno migliaia di chilometri quadrati di terreni aridi in fango e paludi, in molti casi impercorribili. Un ambiente difficile in ogni caso, ma che nelle regioni di confine tra Sudan e Sud Sudan rischia di peggiorare drammaticamente una situazione già molto critica dal punto di vista umanitario. Gli appelli all'azione – rapida, incisiva – si susseguono da giorni. Andando tutti nella stessa direzione: con le piogge, è possibile che una carestia già all'orizzonte diventi realtà, che le operazioni di emergenza delle organizzazioni internazionali, governative e non, vengano pesantemente rallentate se non fermate del tutto e che quindi il numero di persone in situazione di gravissimo disagio cresca a dismisura. 

domenica 29 aprile 2012

L'Africa e la stampa italiana


Siamo alle solite. "Africa, attacchi contro i cristiani", "Africa, nuova offensiva contro i cristiani" e "Africa, bombe contro i cristiani" sono gli attuali titoli di apertura dei principali quotidiani italiani, come si vede dalle immagini. Onestamente mi sembrano vergognosi. A leggerli, di primo acchito vien da pensare che le comunità cristiane di ogni denominazione, ordine e grado siano sotto attacco in tutto il continente, quasi un'offensiva coordinata contro le Chiese dal Mediterraneo al Capo di Buona Speranza. Invece si tratta di attacchi diversi per modalità e ampiezza (una bomba sotto un altare, pare, in una chiesa di Nairobi, in Kenia, e spari durati a lungo durante la messa in un campus universitario a Kano, nel nord della Nigeria), accaduti a diverse migliaia di chilometri di distanza, che potrebbero avere matrici politiche - naturalmente diverse - ma potrebbero anche essere stati causati da altro (pensate alle varie carneficine nei campus universitari negli States...).

lunedì 23 aprile 2012

Sud Sudan, bombe su Unity

Sono stata qualche giorno offline. Vedere le notizie sudanesi oggi è stato quantomai frustrante e preoccupante. Sono stati giorni intensi, di scambi di accuse, di toni sempre più accesi da entrambe le parti - il presidente Bashir si è lasciato andare a epiteti particolarmente spiacevoli nei confronti dei sud-sudanesi e dello Splm in particolare, che hanno fatto i titoli dei giornali (stranieri) -, di una guerra che è ormai realtà. Non è detto che sia a tutti gli effetti una guerra vera e propria che continuerà per anni, ma gli eventi delle ultime settimane non possono essere chiamati altrimenti.

REUTERS/Goran Tomasevic
Per la cronaca, Heglig è tornata sotto il controllo delle Saf. Secondo Khartoum perché l'esercito sudanese è riuscito a cacciare lo Spla entro i confini del Sud, secondo Juba perché la leadership sud-sudanese ha deciso di ritirarsi in buon ordine, come richiesto dalla comunità internazionale.

mercoledì 18 aprile 2012

Un nuovo fronte?

Reuters e BBC riportano la notizia di scontri tra Spla e Saf sulla strada tra Aweil, capitale dello stato sud-sudanese del Bahr al-Ghazal occidentale, e Meiram, nello stato sudanese del Darfur meridionale. Di nuovo zona di confine, inevitabilmente, ma questa volta non ci sono in gioco gli interessi economici e strategici che invece ci sono nei campi petroliferi di Heglig e Unity. Pare che lo scontro a fuoco sia stato causato dall'uccisione di un soldato sud-sudanese che stava andando a raccogliere l'acqua.

Questa almeno è la versione ufficiale dello Spla. Forse c'è altro, difficile saperlo. Ma se fosse solo questo, sarebbe la conferma che i nervi sono scoperti in entrambi gli eserciti, tra i soldati semplici come tra gli ufficiali. E il rischio che quindi la situazione sfugga di mano ai comandi a Khartoum e Juba c'è: nessuno dei due eserciti è famoso per la disciplina interna e scontri simili potrebbero ripetersi. Di portata limitata, certo, ma se si sommano l'uno all'altro e i flashpoint diventano quindi molti, distribuiti lungo tutto il lungo confine, quanto tempo ci metteranno i governi decidere o a essere trascinati in una guerra vera e propria?

Non molto temo, soprattutto se, come ha riferito Thabo Mbeki al Consiglio di Sicurezza (che dal canto suo sta valutando l'imposizione di sanzioni contro entrambi i  paesi), gli hardliners stanno guadagnando terreno in entrambe le capitali.

lunedì 16 aprile 2012

Sud Sudan, una voce da Bentiu

Ieri sera Marco Tesser, un amico che lavora con UNMISS a Bentiu, capitale dello stato di Unity, ha raccontato su Facebook la sua giornata:
Today I had to cross the [Bentiu] bridge twice, morning and afternoon. In the morning in front of SPLA Div 4 HQ two trucks were offloading so many troops with their shiny brand new uniforms and guns. It seemed they were coming back from the front. At 5.50 I was a Grand Hotel in Bentiu by WFP, at 6.25 a Sukhoi striked with 4 rockets a place only 500 meters from that place. Only one killed. Apparently in the past SPLA used to store tanks nearby. Another air bombardment hit Mayom, where we were supposed to go with a special flight to meet authorities for a water network project. 2 bombs accidentally landed on Unmiss county base (there is nobody there), 2 by the county commissioner office, but the target was Mayom bridge. SAF continues targeting strategical sites: bridges in Bentiu, Mayom and Abiemnhom as well as any military installation. Bad aim though, so far.Tonight at 22.30 prolongued shooting apparently from SPLA HQ (5 km from Unmiss base) for unknown reasons ended up with one bullet penetrating a colleague's container from the roof and landing harmlessly on the bedsheet. It seems that tomorrow (monday) non essential staff will start being evacuated (including myself) to Rumbek. Final decision will be taken in the morning after ASMT meeting. Now packing...

sabato 14 aprile 2012

Ancora combattimenti

Continuano i combattimenti al confine tra Sudan e Sud Sudan. Lo Spla ha fatto sapere di aver respinto l'attacco delle Saf su Heglig, mentre nuove bombe sono cadute su Bentiu. Questa volta sganciate da un Mig, più precise quindi.

Metto qui di seguito l'articolo che ho scritto oggi per il Fatto Quotidiano online e che può essere letto anche qui.

La guerra ufficialmente non è ancora stata dichiarata. Ma è difficile trovare un altro nome per i combattimenti che sono in corso, ormai da quasi una settimana, al confine tra la repubblica delSudan e quella del Sud Sudan. Difficile dire chi ha iniziato, anche perché non si tratta dei primi scontri tra i due paesi. Quel che è certo è che martedì l’Esercito popolare per la liberazione del Sudan (Spla), l’ex gruppo ribelle diventato esercito regolare della nuova repubblica sud-sudanese, ha conquistato Heglig, centro abitato dello stato sudanese del Kordofan meridionale, dai cui pozzi petroliferi Khartoum ricava circa la metà dei suoi 115mila barili di greggio al giorno. Ovvero la maggior parte del petrolio rimasto entro i confini del Sudan dopo la secessione e l’indipendenza, il 9 luglio 2011, del Sud Sudan.

giovedì 12 aprile 2012

I due Sudan alla guerra (?)

Il punto di domanda tra parentesi è voluto. Perché a leggere le notizie in arrivo da Khartoum, da Juba e dalle aree di confine tra i due paesi la guerra sembra ormai un dato di fatto. Quindi ci vorrebbe un'affermazione, non una domanda. Ma formalmente la guerra non è ancora dichiarata, quindi forse un margine di manovra rimane. Mi chiedo se sia solo una mia speranza (irrazionale, purtroppo, perché gli eventi e le parole usate in questi giorni fanno pensare a tutt'altro), o se anche i responsabili politici a Khartoum e a Juba non stiano pericolosamente giocando con il fuoco, alzando i toni e il livello dello scontro sul terreno in una dimostrazione di forza che però rischia di sfuggire loro di mano.

mercoledì 11 aprile 2012

Nuovi scontri nelle aree petrolifere. E il limbo legale dei sud-sudanesi in Sudan




Gli scontri al confine tra Sudan e Sud Sudan sono ricominciati. E questa volta lo Spla è riuscito ad assicurarsi il controllo del più importante campo petrolifero sudanese, quello di Heglig. L'ha confermato alla BBC lo stesso portavoce dell'esercito di Khartoum, il colonnello Khalid Sawarmi, ammettendo che le Saf sono state sconfitte. Naturalmente ci sono divergenze sulle ragioni dello scontro: Sawarmi ha detto che le truppe sud-sudanesi hanno attaccato per prime, il portavoce dello Spla, Philip Aguer, sostiene invece che i soldati di Juba hanno reagito a un attacco aereo del Sudan nelle aree petrolifere dello stato sud-sudanese di Unity.

mercoledì 4 aprile 2012

Tra video ed emozione

Quasi per caso, sono incappata oggi pomeriggio nel documentario "Egypt: the other homeland" sul sito di Al-Jazeera English (sì, ancora lei!). Quando ho capito di che si trattava, ho immediatamente schiacciato il play, anche se avrei dovuto concentrarmi su altre cose.
Be', è stata un'emozione. Grecia ed Egitto sono due paesi che amo. E ho uno splendido ricordo di Alessandria, di un weekend di inizio novembre, ormai più di nove anni fa, passato tra la biblioteca da poco riaperta, la spiaggia e le scorpacciate di pesce nei ristoranti vicino alla Corniche. Anche se non era più l'Alessandria raccontata nel documentario, quella precedente al colpo di stato del '52, era difficile non sentire un'aria familiare, pienamente mediterranea seppur in contesto arabo. Una percezione che condivideva anche Marija, la mia adorata coinquilina del Cairo, che con il suo background balcanico sapeva bene a cosa mi riferivo.

martedì 3 aprile 2012

Questione di immagine: al-Jazeera e le notizie dai due Sudan

Non è sempre semplice seguire i fatti africani da lontano. Bisogna affidarsi ad agenzie, giornali e network internazionali, che talvolta semplificano troppo, o travisano, le informazioni che ricevono. Ma se ci sono le immagini, tutto sembra più semplice. E se c'è un canale attraverso cui poter accedere a una copertura efficace, anche attraverso le immagini, questo è al-Jazeera English.
Come in tutti gli altri casi di grandi network o di più o meno piccole agenzie e testate giornalistiche, anche al-Jazeera non è immune da possibili semplificazioni, travisamenti o dal sospetto che su certe questioni il suo editore, lo stato (e quindi lo sceicco) del Qatar, abbia una "hidden agenda". Ciò non toglie però che sul Medio Oriente e l'Africa (ma non solo) la copertura sia ottima e spesso il network riesca a dare informazioni o a imbandire dibattiti che altri non hanno. Facendo anche qualche bello scoop.

mercoledì 28 marzo 2012

Scontri tra i due Sudan, tra aggiornamenti e assurdità

Sono passati altri due giorni, ma non ci sono particolari novità sugli scontri al confine tra Sudan e Sud Sudan, che sarebbero ancora in corso. Dalla capitale dello stato di Unity, Bentiu, arriva la notizia che l'aviazione sudanese ha ripreso, anche la notte scorsa, i bombardamenti all'interno dei confini del Sud Sudan, mentre da Khartoum il capo dei servizi segreti sudanesi, Mohammed Atta al-Moula, ha accusato l'esercito sud-sudanese di essere entrato in territorio sudanese, ma ha escluso che i militari di Juba siano riusciti a entrare nei campi petroliferi di Heglig.

lunedì 26 marzo 2012

Sudan e Sud Sudan, violenti scontri al confine

Le notizie che arrivano da Khartoum e da Juba sono pessime. E ancora piuttosto confuse, a dir la verità. Districarsi tra le versioni ufficiali e divergenti dei due governi non è facile, capire quello che è successo veramente oggi quasi impossibile. E allora andiamo con calma e cerchiamo di fare il punto della situazione, quantomeno per quello che è trapelato finora.

Il primo a lanciare il breaking news su Twitter è @wasilalitaha, giornalista del Sudan Tribune, che verso le 19 italiane posta un tweet in cui riporta la notizia data dall'esercito sudanese secondo cui durante la giornata ci sarebbero stati scontri al confine con l'esercito sudsudanese, lo Spla, mentre i ribelli darfuriani del Jem avrebbero attaccato i pozzi petroliferi di Heglig, in Kordofan meridionale, quindi all'interno dei nuovi confini del Sudan.

sabato 17 marzo 2012

Clooney e i tweeps sudanesi: cronaca di una giornata particolare

Una giornata intensa tra i tweeps sudanesi, quella di ieri. Iniziata come sempre, con notizie e commenti che riguardano il paese, man mano che le ore passavano ha preso una piega diversa. Mentre da Khartoum la giornalista e blogger Maha el-Sanosi, alias @MimzicalMimz, raccontava della sua visita al marito di un'insegnante e attivista nuba, Jalila Khamis Koko, prelevata dai servizi segreti nella notte di quattro giorni fa e da allora sparita, Moez Ali, alias @his_moezness, già iniziava a fare dell'amara ironia su George Clooney, il suo incontro con Barak Obama e il suo attivismo pro-Sudan. All'hashtag #FreeJalila, si alternava quindi lo #SlapGeorgeClooney (date uno schiaffo a George Clooney). Perché "la politica non è un posto per la filantropia o l'altruismo" e perché "sì, il Sudan ha bisogno dell'attenzione dei media. Ma non del tipo che Clooney cerca".

giovedì 15 marzo 2012

Da Kony2012 a Clooney: quanto serve questo tipo di attivismo made in USA?

Kony2012 sta spopolando. Il video, perfettamente confezionato da "Invisible Children", ong americana, con la dichiarata intenzione di cambiare la storia dell'Uganda e del mondo facendo arrestare lo storico leader del Lord's Resistance Army (LRA), Joseph Kony, è riuscito nel suo intento di diventare virale ed è stato già visto da più di 100 milioni di utenti. Un record assoluto. Che, secondo gli autori, dovrebbe costituire il primo passo per cambiare (appunto) la storia, invece di studiarla.


domenica 4 marzo 2012

L'Italia e l'incuria

Grazie a un amico che l'ha postato su Facebook, mi sono appena imbattuta in questo bell'articolo di Gian Antonio Stella. Un articolo amaro, che si chiude con una speranza quasi utopica per questo paese: rilanciare e investire nella cultura, a iniziare dalla scuola di base, per fermare l'incuria, il degrado, la corruzione. Dice Stella:
 I confronti su 125 nazioni, stando ai dati dell'Università di Costanza, non lasciano dubbi: dove c'è più cultura c'è più innovazione, più sviluppo, più ricchezza e meno corruzione.
Rovesciamo: dove c'è meno cultura c'è meno innovazione, meno sviluppo, meno ricchezza, più corruzione.

Non mi sembra niente di particolarmente rivoluzionario. Mi spiego meglio: sarebbe rivoluzionario se l'Italia facesse un percorso di questo tipo. Ma in sé l'idea che più cultura e ricerca portano più innovazione, più sviluppo e quindi più ricchezza mi pare lapalissiano.
Ma evidentemente per decenni in questo paese i cosiddetti "decisori politici" non se ne sono resi conto. O se l'hanno fatto, hanno preferito non darlo a vedere e non agire di conseguenza. E ora chi, per sua ostinata e donchisciottesca testardaggine, ha comunque investito a livello personale su studio e cultura si trova di fronte a una scelta a senso unico: o vivere di briciole ed espedienti oppure portare all'estero le capacità e il bagaglio più o meno grande di sapere che ha accumulato e che qui in Italia, se anche riconosciuto, non trova nessuno spazio e non viene apprezzato.

martedì 21 febbraio 2012

La "clausola gravidanza" e la risposta della Lei


E' passato un giorno, i sindacati sono "insorti" (ma finora dov'erano??) e il direttore generale Lei ha risposto dicendo che l'azienda non ha alcuna difficoltà a cancellare la clausola. Leggere la sua risposta come riportata dai giornali mi ha fatto arrabbiare ancora più della clausola in questione.

lunedì 20 febbraio 2012

La Rai e la "clausola gravidanza"

Di punto in bianco, oggi i giornali (anche quelli che magari pagano i collaboratori esterni 10 o 5 euro a pezzo, per dire...) riportano tra le notizie principali quella della "clausola shock" che, stando alla denuncia di Errori di Stampa, compare come clausola numero 10 del contratto Rai di consulenza. Ovvero una delle varie tipologie di contratti "atipici" che la Rai fa firmare, sostanzialmente senza nessuna possibilità di contrattazione, a migliaia di collaboratori esterni - che, visti i tipi di contratti, rimarranno esterni a vita.

Volevo rassicurarvi: non è una bufala. E non è una novità, come dimostra questo post di Silvia Bencivelli, collega di atipicità. Men che meno è una rarità: nel contratto per ospite intervistato da cui l'ho fotografata è la clausola numero 9, ma è presente, con altri numeri, anche nei contratti da presentatore e da autore testi. Questi almeno sono quelli che ho potuto controllare io stessa, tra i documenti della mia personale amministrazione.

mercoledì 8 febbraio 2012

Di Cina, Sudan e Sud Sudan

mappa tratta dal sito priceofall.org
L'avevo promesso, quindi ora eccomi qui. Nelle ultime settimane, tra il blocco della produzione petrolifera sudsudanese e il rapimento di 29 lavoratori cinesi in Kordofan meridionale (liberati ieri sani e salvi), la questione delle relazioni della Cina con i due Sudan è stata toccata più volte nella stampa internazionale. La formula spesso usata per presentare il ruolo di Pechino in quella parte di mondo è stata "la Cina, alleato di Khartoum" o qualcosa di simile, facendo riferimento alle ottime relazioni che Pechino e il governo del Sudan hanno sviluppato e mantenuto negli ultimi quindici-venti anni.

giovedì 2 febbraio 2012

Lavoro gratis? No grazie!

Vi sembrerà un titolo estraneo a questo blog. E soprattutto scontato. Non lo è, in entrambi i casi.

Oggi avrei dovuto scrivere dei rapporti della Cina con il Sudan e il Sud Sudan, dei cinesi rapiti in Kordofan meridionale nei giorni scorsi, della questione petrolifera irrisolta tra i due paesi fratelli. Tutti argomenti connessi l'uno con l'altro, che mi appassionano. Avrei dovuto scriverne per un sito molto visitato, di una testata (a ragione) molto quotata, parte di un gruppo editoriale tra i primi del paese.

domenica 22 gennaio 2012

Bloccate quel petrolio!




Quanto è ragionevole, per un paese la cui economia dipende al 98% dalle entrate petrolifere e che è tra i più poveri al mondo, decidere di bloccare la sua intera produzione di greggio? Poco, pochissimo. Eppure è proprio questa la decisione senza precedenti che il governo della neonata repubblica del Sud Sudan ha preso nei giorni scorsi: il consiglio dei ministri di Juba ha deliberato venerdì in favore dello stop totale all'estrazione e all'esportazione di petrolio, che dovrebbe diventare operativo tra due settimane. E che rimarrà in vigore fino a nuovo ordine, che, ha spiegato il ministro per il petrolio e le attività minerarie, Stephen Dhieu Dau, arriverà solo quando il governo del vicino Sudan, dal quale Juba si è staccata il 9 luglio scorso, accetterà “un compromesso equo”. Oppure quando il Sud Sudan avrà delle nuove infrastrutture che lo rendano indipendente da quelle sudanesi.

mercoledì 18 gennaio 2012

Sud Sudan a Radio3Mondo

Ne abbiamo parlato ieri: Luigi Spinola in conduzione, Marcelo Garcia, responsabile Africa di Intersos, ed io in collegamento telefonico. La puntata è riascoltabile qui, mentre il podcast lo trovate qui.
Buon ascolto!

martedì 17 gennaio 2012

Sudan, Mohammed Hassan Alim "Boushi" è libero

Mohammed Hassan Alim "Boushi", da mimzology.blogspot.com
Un giovane ingegnere, un attivista che, di fronte alle telecamere dei telefonini durante una manifestazione di protesta all'Università di Khartoum, attacca frontalmente uno degli uomini più potenti del Sudan, Nafie Ali Nafie, vicepresidente dello Ncp e assistente del presidente Bashir, e che pochi giorni dopo viene arrestato a casa sua, sotto gli occhi di sua madre, e sparisce per settimane: è questo Mohammed Hassan Alim, meglio conosciuto come Boushi. E mentre è in detenzione, il video del suo intervento all'università, immediatamente postato su YouTube, viene visto da più di 230mila persone, mentre la sua vicenda fa il giro di Twitter e Facebook, dove vengono aperte pagine in suo sostegno in arabo e in inglese. Vi ricorda qualcosa?

mercoledì 11 gennaio 2012

Violenze in Sud Sudan, la sfida per Unmiss


Nel mio ultimo post, ho riportato le parole esatte pronunciate dalla Rappresentante speciale del Segretario Generale dell'ONU, Hilde Johnson, sulla conferma o meno del bilancio provvisorio delle vittime degli scontri nella contea di Pibor che era circolato nei giorni prima.
Lo riporto di nuovo. Tra le altre cose Johnson qualche giorno fa ha detto che
 "al momento non siamo certi dei numeri, ma sappiamo che le aree più popolose come Pibor e Likuangole sono state ampiamente protette. Abbiamo bisogno di valutare la situazione con cura".
Sappiamo che le aree più popolose sono state ampiamente protette. A cosa si riferiscono queste parole? Chi ha protetto chi? Venendo dal capo della missione di pace delle Nazioni Unite, direi che è ovvio che si riferiscano al ruolo dei caschi blu di Unmiss. Che necessità aveva Johnson di sottolinearlo?

lunedì 9 gennaio 2012

Ancora su Pibor: un anniversario di riflessione per il Sud Sudan


A pochi giorni dagli attacchi dei lou nuer alla contea di Pibor, terra dei murle, le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie, governative e non, presenti in Sud Sudan hanno avviato una "major emergency operaration"nel Jonglei sud-orientale. "Questa operazione d'emergenza sarà la più complessa e costosa in Sud Sudan da quando il Comprehensive Peace Agrement è stato firmato nel 2005", ha detto Lisa Grande, humanitarian coordinator delle Nazioni Unite nella neonata repubblica. 


La firma del Cpa: 9 gennaio 2005. L'inizio del referendum con cui il Sud Sudan ha scelto l'indipendenza: 9 gennaio 2011. Mi fa sinceramente uno strano effetto ripensare all'immensa gioia e all'orgoglio con cui i sudsudanesi si sono recati alle urne un anno fa per scegliere il futuro del loro paese e paragonarli con le nubi scure che coprono l'orizzonte attuale del Sud Sudan.

sabato 7 gennaio 2012

Scontri tribali in Sud Sudan, solo violenza "tradizionale"?

Pubblico anche qui l'articolo scritto per Repubblica online sugli scontri dei giorni scorsi nella contea di Pibor, Jonglei orientale. Aggiungo però anche un servizio del 3 gennaio di Al-Jazeera English, in esclusiva dalla città di Pibor, perché le immagini servono sempre.


Villaggi rasi al suolo dalle fiamme, 3141 vittime, di cui 2182 tra donne e bambini e 959 uomini, decine di migliaia di bovini rubati: è questo il bilancio, ancora provvisorio, delle violenze che nei giorni scorsi hanno insanguinato la contea di Pibor, nel Sud Sudan centro-orientale. Una violenza largamente prevedibile, in realtà, ma che nessuno è riuscito a fermare: nell'ultima settimana del 2011, l'anno che ha visto la tanto attesa indipendenza del Sud Sudan, circa seimila lou nuer hanno raggiunto e attaccato diversi villaggi della contea, terra della popolazione murle, una delle molte decine che compongono il complesso mosaico etnico della nuova repubblica.